Nuove forme di espressione e organizzazione si sviluppano, disordinate, per creare relazioni, per produrre, per immaginare. Senza nessun piano preciso, ma con tante idee condivise, ogni giorno, qualche volta in prima pagina, nascono nuovi modi per vivere in questo camaleontico mondo, modi di vivere che a volte multinazionali e fondazioni miliardarie tentano di sfruttare per i loro profitti e le loro quotazioni in borsa.
Tentativi goffi di colmare il “pericoloso vuoto normativo” con leggi dettate dalla battaglia di civiltà, dal terrorismo internazionale, dalle necessità di sapere tutto di tutti, dall’umidità e dalle cavallette hanno creato un quadro in cui la legislazione, e la sua applicazione, è solo un “punto di vista”, adattabile alle esigenze, alle simpatie e alle prime pagine dei tabloid più alla moda.
Nel dubbio, le istituzioni cercano di chiudere il recinto, in maniera confusa, contraddittoria e frettolosa. Lavorano alacremente per creare una mentalità chiusa, del terrore; costruendo i pericoli che servono a scongiurare un uso “improprio” della rete, cercando di realizzare il centro commerciale globale, sicuro e ben illuminato.
Si procede reprimendo, lenti ma non troppo, tutti coloro che mettono in discussione questa nuova, ma non troppo, mentalità, abilmente sponsorizzata.
Questo, ma non solo questo, ha determinato negli ultimi anni, non solo nei cosiddetti paesi canaglia, ma anche nei sedicenti paesi democratici (sic!), la violazione più o meno palese di quanto si usa definire diritti civili, libertà di espressione e di parola: la sistematica intercettazione dei canali di comunicazione, la moltiplicazione di sequestri di siti e caselle di posta, i tentativi più o meno riusciti di censura dell’informazione scomoda e indipendente, la criminalizzazione dello scambio, della condivisione.
L’immagine commerciale di regno delle meraviglie, Internet, si trasforma, secondo le necessità del momento, in un inferno di pedofili, truffatori e terroristi.
Calati, nostro malgrado, in questo scenario e partendo da quanto abbiamo vissuto finora, abbiamo provato a immaginare un sistema diverso per organizzare i nostri servizi, per ribadire la nostra volontà di R*Esistere.